Pagina:Gozzano - L'altare del passato, 1918.djvu/89


Un voto alla Dea Tharata-Ku-Wha 79

che levò l’áncora nel pomeriggio. Io m’imbarcavo poco dopo per l’Italia con tutti i miei bagagli, felice.

Ma dieci giorni dopo, ad Aden, mi era consegnata a bordo una lettera di mia madre che mi diede un brivido di gelo:

“....dovrei scriverti su carta listata a lutto, ma sarebbe ipocrisia, tu lo sai. Don Fulgenzi è mancato ai vivi tre giorni fa....„.

Tremavo. No! No! Ma che Dea! che tempio! che malefizio! Due ragazzi imprudenti precipitano da mille metri, il padre impazzisce, un vecchio maligno cessa di far soffrire: non è tutto placidamente naturale? Tremi? Diventi scemo o teosofo, anche tu? Suonava la campana del pranzo. La luce, i fiori, i cristalli, le belle spalle ignude, la gaiezza degli ufficiali mi ridiedero il senso della realtà. Arrossii e mi schermii. Volli dimenticare. E otto giorni dopo, toccando Genova, avevo tutto dimenticato.


Passarono i mesi.

A Venezia, l’autunno scorso, sedevo sul divano centrale della Sala Viennese, un po’ per riposarmi, un po’ per godere di lontano, ad occhi socchiusi, la bella sirena del Krawetz.

Ma due visitatori vicinissimi alla tela mi toglievano d’un terzo il mio piacere: l’uno, alto