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Un voto alla Dea Tharata-Ku-Wha | 77 |
Lambahadam — il mio amico è chino all’angolo della tavola del Dining-Car e scrive sul rovescio del menu una lista di nomi e di cifre; tace e ride:
— Scusate, ho finito. Ho fatto l’elenco dei soppressi. Non calcolando i vantaggi morali e materiali per la scomparsa di cinque colleghi, io devo trovare in Francia, se la Dea Tharata-Ku-Wha mi esaudisce, un’eredità di quattro milioni e settecento mila lire....
Nella notte, non più distratto dal paesaggio e dallo scherzo, fui ripreso dall’angoscia dei miei tesori perduti. L’insonnia e la disperazione mi tormentarono al ritmo vertiginoso del treno fino all’alba. Dormivo da forse un’ora, quando mi svegliai alle grida gioiose del mio compagno. Si era alla stazione di Kathalla.
— Mon ami! Presto! Uscite!
Balzai fuori. A dieci passi da me, sotto la veranda fiorita, le mie nove casse, accumulate in bella piramide, scintillavano al sole del tropico con i tre colori d’Italia.
Prima le toccai, le palpai a lungo, credendo di sognare, poi abbracciai il chef-station sbigottito, abbracciai una vecchia indù che fuggì allibbita, toccandosi gli amuleti, abbracciai il mio compagno frenetico più di me e comin-