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Un voto alla Dea Tharata-Ku-Wha | 75 |
Oimè! che cosa ha fatto la folla del divino tesoro dei Veda! A quale turpe idolatria ha mai ridotto il sublime retaggio filosofico dell’Upanishad, l’essenza dell’Ineffabile, dell’Uno, dell’Assoluto! Un laido mercato dove ogni grazia ha il suo ciurmadore come quei grandi magazzini europei dove speciali commessi presiedono alle merci varie!
— La Dea-del-nemico-non-più? Che cosa significa?
— La morte — rispose il sacerdote, calmo — o altra soppressione di chi vi molesta.
L’immagine di Tito Vinadio mi balenò nella memoria, sogghignò di tra le fedine biondiccie alla Camillo Cavour.
Tacevo, ma l’amico parigino gridava entusiasta:
— Mais très bien ça! Ho anch’io almeno una ventina di persone che desidero non più ritrovare in Francia!
Ci avviciniamo al nuovo altare, ridendo forte. Il sacerdote, più decrepito e più sinistro del primo, taglia un rettangolo da una gran foglia di palma-palmira, me la porge con un pennello intinto, facendomi cenno di scrivere.
Scrivo il nome Tito Vinadio e lo getto sulla brace che lo divora crepitando. Subito la mano ossuta mi porge un altro foglio. Un’altra vit-