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74 | l'altare del passato |
mio gemito, m’ha visto con la fronte chiusa tra le mani, s’avvicina, c’interroga premuroso....
— I signori hanno ricevuto qualche torto?
— No, nessun torto — e il mio amico parigino racconta i motivi della mia desolazione.
Mentre si parla, un brahamino, un vecchio ignudo dalla gran barba candida, si è alzato, si volge al policeman che ci guarda e sorride:
— Signori, l’Hig-Priest di Aparapandra, il gran sacerdote della dea delle-cose-lontane-dalla-mano, vi propone un voto pei vostri bagagli; la spesa è poca, una rupia, e il risultato certo!
Il policeman si allontana ridendo.
Un voto alla dea delle-cose-lontane-dalla-mano? Ma subito! Dov’è questa signora? Quella? Offro la moneta e m’inchino all’orribile ceffo chiuso in una delle gabbie millenarie. Altri preti ci sono attorno nell’ombra, incuriositi da quei due impuri riverenti alle loro divinità. Ad uno ad uno s’avanzano, parlano profferendoci le loro grazie: Un voto al Dio contro il veleno dei cobra? Al Dio contro le disavventure del cammino? Alla Dea della Fecondità? Al Dio contro il malocchio? Alla Dea Tharata-Ku-Wha: la Dea-del-nemico-non-più?