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L'ombra della felicità | 57 |
liana dell’Argentina: svelta, aggraziata, vivace come una polledra delle sue praterie, innamorata della Patria che vedeva per la prima volta.
Claudio era felice. Non sentiva il bisogno di gridarlo alle persone lontane, come la moglie: gli bastava dirlo alle cose che riconosceva intorno. Aveva abitato quel paesetto ridente della Liguria dieci anni prima, un anno intero, con sua madre già sofferente, ed ora, seguendo la strada tra il colle ed il mare, si stupiva di riconoscere certi particolari minimi del paesaggio: uno scoglio dal profilo umano, un pino proteso in atteggiamento disperato, la curva ondosa d’un oliveto grigio, sul quale spiccavano in fila, come lacrime nere, i sette cipressi centenari detti “i sette compari„, un tabaccaio con la stessa insegna dalla stessa odalisca: le ville ed i giardini, le pietre e le piante, il cielo ed il mare: tutto era immutato.
E Claudio si sentiva così giovane, non ancora trentenne, e felice, felice fino alla sofferenza, nel mattino radioso di settembre. Camminò lungo il mare fin dove finivano le ultime case di Sant’Erasmo e cominciavano le prime di Sesto. E allora anche Claudio sentì il bisogno di dire a qualcuno la propria felicità. Sollevò gli sguardi istintivamente, come ad un richiamo, e riconobbe a mezza costa, mal ce-