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56 | l'altare del passato |
bracci per amici e parenti d’Europa e d’America, la più parte non conosciuti mai.
— Ottantatrè! — esclamò con un sospiro di sollievo all’ultima cartolina.
— Per oggi potrà bastare, — consentì la moglie, meditando il libretto dei nomi con la gravità d’una rubrica commerciale. — A domani il seguito.
— E allora scendiamo? Scrivi da due ore!
— Desolata! Me ne avrò per altre due: ho sette lettere, indispensabili.
Claudio sorrise, si chinò a baciare la chioma biondissima.
— Allora ti lascio ad informare l’universo e scendo a passeggiare.
Nada assentì col capo, già assorta nel preludio d’una descrizione rosea, per un’amica d’oltremare. Erano le sole ore che Claudio avesse libere, quelle della corrispondenza della moglie; scese, attraversò il parco dell’albergo, seguì la strada lungo il mare, solo con se stesso. Mai come in quell’ora potè misurare col raffronto dei ricordi la sua piena felicità. Aveva lasciato l’Italia otto anni prima, subito dopo la morte della madre: era partito sfiduciato, quasi povero, senza più legami d’affetto. Ritornava quasi ricco, pieno di speranze, adorato da una sposa che adorava: una piccola ita-