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42 l'altare del passato


La Baronessa aveva adunato nella villa d’improvviso, alla rinfusa, tutti i ricordi del passato: una miniera d’emozioni intraducibili per la mia fantasia che s’apriva allora avidissima alla vita. Intere sale erano ingombre dal pavimento al soffitto di mobiglio accatastato, di quadri, di libri, di armi, di cassapanche semiaperte dove traspariva un diadema, un pettorale di falsi brillanti, una lorica a scaglie d’oro. E fotografie, infinite fotografie d’uomini e di cose, giochi meccanici che mi mozzavano il respiro per la meraviglia: il Trocadero con le cascate multiple, di cristallo a spirale, la Torre Eiffel in oro, con i visitatori che salivano e scendevano, un albero carico di Colibrì smaglianti che si mettevano a trillare agitando le ali, un Tempietto Greco dove al suono d’un congegno melodico appariva una ballerina e un ballerino intrecciando piroette.

— Sei tu?

— Sono io. E l’altro è il famoso mimo Radesi. È un dono dello Czar. Il mio volto è fatto come una miniatura dal più grande pittore russo.

— Non ti somiglia.

— Non mi somiglia più. È passato il tempo, piccolo mio!

E i paesaggi al mutoscopio, il congegno che