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32 | l'altare del passato |
— Il terremoto! Le mine! Una bomba! I ladri!
Quando furono accesi i lumi e ci precipitammo verso la sala, l’aria era annebbiata di fumo e di calce; e la prima cosa che mi vidi venire incontro fu il cane dei nostri vicini di sopra, che guaiva lamentosamente. E nella sala, alla luce delle nostre candele apparve una rovina spaventosa. L’ultima trave era spezzata, un buon terzo del soffitto sfondato; nella sala, tra un cumulo di macerie, si distingueva un letto, due sedie, materassi e lenzuola disperse e un uomo che si agitava — non più in eroica camicia rossa, ma in prosaica camicia da notte — invocando soccorso.
— Ortensia, ritirati!
Mi rifugiai nel corridoio, ascoltando.
— Ma come mai lei s’è introdotto nella mia casa?
— Introdotto? Ci sono precipitato, non vede?
— Ma che cosa macchinava lassù? Chi ha fatto quel buco?
— Lo domando a lei! Non io certamente! Sono salvo per miracolo! Ma una gamba non mi regge e vedo le stelle....
— Vediamo, vediamo, — e la voce di mio zio si rabboniva, — si accomodi intanto e si copra. Io mi vesto e vengo subito.