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26 | l'altare del passato |
La voce era brutta come una brutta voce maschile, con un che di pretesco, ereditato certo dallo zio, un porgere quasi rude, ereditato certo dal marito, ma le cose che diceva erano piene di grazia e giovani come il suo volto e come la sua persona.
Vidi in un cestello da lavoro una copia dell’Ilustrazione, della Nuova Antologia.
— Era già abbonato mio marito, buon’anima. Ho sempre letto molto e leggo oggi più che mai. Non rimane altro alla nostra età. Ma i bei libri si vanno facendo sempre più rari; o sono io che invecchio terribilmente....
Parlai, la feci “parlare letteratura„. Non era una divoratrice di libri soltanto. Era una donna intelligente, ma d’una intelligenza che s’era fermata a Carducci e a De Amicis. Ostile a D’Annunzio, indifferente a Pascoli, non aveva varcata la soglia letteraria della nuova generazione. Ma come conosceva bene e come amava i maestri d’un tempo, quali cose esatte e profonde — la profondità, così rara in una donna! — diceva su Carducci e su Victor Hugo. E come conosceva tutta la letteratura storica, e il Risorgimento e la critica bibliografica alle gesta di Giuseppe Garibaldi. Due, tre volte mi prese in fallo, mi corresse rudemente su date, nomi, episodi. Salvai la mia ignoranza deviando il discorso.