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24 | l'altare del passato |
— Qui a destra, sotto i portici.
— Che donna è?
Il tabaccaio mi guardò con qualche curiosità.
— È una vecchia in gamba, che porta i suoi settant’anni come se fossero venti. È di Veneria. Ma passa gran parte dell’anno dai parenti di suo marito, il Garibaldino: per questo la chiamano così. È stata allevata da uno zio, un prete; il parroco che avevamo una volta. È una donna molto istruita, molto originale e troppo schietta; letica con tutti, ma tutti le vogliono bene.
Uscii, suonai alla porticina di legno scolpito e tarlato. Quale prigione doveva essere quella casa e quale tanfo di chiuso là dentro! Ma quando la porta s’aperse, mi salutò una luce vivissima che veniva da un bel giardino verde e m’accolse un profumo di glicine e di rose così acuto che vinceva l’odore di muffa delle stanze secolari.
Una fantesca pingue m’introdusse in un salone, in attesa. Due finestroni a telaietti davano nella mezz’ombra tetra della via settecentesca, ma verso il giardino era la luce verde e sempre giovane, un tremolìo d’acquario luminoso, attraverso i pampini delle pergole folte. Osservavo. Un magnifico mobilio dell’Impero, a fasce lilla e gialle, due canterani a mezzaluna di le-