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maggiore del Palazzo si formò un teatro per rappresentare il Pastor Fido del Guarini. Il Duca Carlo Emanuele aveva spirito d’artista, incoraggiava le pubbliche festività, componendo egli stesso azioni spettacolose di soggetto mitologico o marziale. La Corte ne seguiva l’esempio. Così nel gran salone del Palazzo Madama il Conte San Martino d’Agliè produsse un suo Ercole domatore dei Mostri e un Amore domatore degli Ercoli, ed altre inventioni; Principe Maurizio, figliolo del Duca, scrisse e recitò il suo Nettuno Pacifico.... Dolce accademia, arcadia di endecasillabi sciolti, di stuccose di tela dipinta! Come si conciliava il “bello stile„ con la rudezza guerresca piemontese, come la letteratura iperbolica con il gaio stuolo illitterato di quei tempi in cui la lingua italiana era lingua straniera e poche erano le dame che sapessero scrivere il proprio nome o lo scrivevano con quella calligrafia tremula deforme che oggi distingue soltanto certe serve campestri?

Non erano però illitterate le spose dei signori; non era illitterata la moglie di Guglielmo VIII di Monferrato, la moglie di Ludovico I che scrivevano in corretto latino epistole affettuose ai consorti lontani e guerreggianti; non quella Giovanna Battista di Savoia Nemours che componeva in un dolce francese arcaico