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E poi?

Poi nessuno ha visto. Qualcuno ha sentito. Dalla grande camera d’angolo detta l’Alcova delle tre Grazie — pure attraverso le finestre chiuse — giungevano le strida della Marchesa di Cavour, la voce convulsa del Duca, la voce irriconoscibile della giovane Duchessa. Poi più nulla. Fu vista uscire la Duchessa livida, disfatta, fu vista raggiungere barcollando la berlina e la berlina partire di gran carriera, seguìta dai quattro staffieri a cavallo. La Duchessa è ritornata in Francia.

Torino è annichilita. Passano due, tre, quattro giorni. La notizia è ormai diffusa nella nobiltà, nella borghesia, nel contado; la Duchessa è in Francia! No! Non è vero, impone di credere un ordine di Corte, affisso sulla piazza del Castello. La Duchessa è sofferente e tiene il letto da quindici giorni, si celebrerà anzi un Te Deum per implorare dal cielo la sua certa guarigione. Ma nessuno crede a quella commedia, la verità è risaputa; la Duchessa tradita è ritornata presso la sua famiglia d’oltr’Alpe come una bourgeoise qualunque che ritorna dai suoi.

Ma al quinto giorno un’altra notizia sbigottisce Torino: la Duchessa rientrerà fra poche ore in citta! Non è stata ammalata, è stata a