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La Marchesa di Cavour 175

driano del Piemonte. Il Piemonte rifioriva. La Francia esercitava sopra Torino, non per diritto, ma per fatto, un supremo dominio, ma la dipendenza era velata da speciose ragioni di protezione, d’amicizia, di parentela. Si preparavano in silenzio i giorni ribelli e gloriosi di Vittorio Amedeo II.

Ma l’influenza della Francia non era soltanto politica, si faceva sentire nell’arte e nei costumi. La Corte torinese era improntata a quella di Parigi e certo sul bell’esempio dei Re Luigi qualche sovrano di Piemonte si concedeva il lusso di qualche favorita.

Su Carlo Emanuele II non avevano tuttavia influito nè l’esempio dei cugini d’oltr’Alpe, nè l’eleganza della Senna, delle Grazie madre; la sua vita coniugale non lieta, e non per colpa sua, l’avevano costretto a cercarsi altrove altre consolazioni. Le sue prime nozze con quella dolce Francesca d’Orléans, chiamata, per la sua bellezza e per la sua grazia, minuscola Colombina d’Amore, nozze felici quant’altre mai, erano state troncate dopo un anno appena dalla feral Parca maligna, come canta un accademico del tempo. E il giovane sovrano aveva consolata la sua vedovanza con varie dame: Gabriella di Mesme di Marolles, moglie del Conte Lanza (sono pettegolezzi di tre secoli,