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La Marchesa di Cavour 173


— Quarantaquattro!

— Signore mie, un momento — interrompe l’abate, che tace sconfitto da qualche tempo. — La verità prima di tutto. Io ho sposata la Marchesa, ho visto il suo atto di nascita. Ha ventott’anni, non ancora compiuti.

— Peggio ancora!

— Che disastro! Il belletto non le aderisce alla pelle, le traccia un solco tra ruga e ruga....

— Alla luce del giorno è uno sfacelo....

— E non alla luce del giorno soltanto!

E le belle madame incrudeliscono e ognuna trova un commento più atroce, ognuna scaglia anatemi e invoca il castigo umano e divino sulla svergognata Marchesa, con veemenza tanto più forte in quanto che ognuna di quelle Dame vorrebbe essere in cuor suo nei panni della concubina famosa....


Oh malinconica Torino del 600, più triste ancora della Torino settecentesca, così triste che io non so immaginarla alla luce del sole, ma la vedo in una perpetua mezz’ombra crepuscolare, nella sua meschinità quasi ancora medioevale con le sue mura, le sue torri, le sue porte, con la sua piazza del Castello dagli edifici miseri e grigi che ancora attendono di fiorire al genio architettonico di Filippo Juvara!