Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
172 | l'altare del passato |
deva e ridevano il Conte Rebaudengo e il barcaiolo.
— E la sconvenienza del giugno scorso, al Castello di Rivoli? Questa, peggio ancora, in faccia alla Duchessa, alla Corte intera, quasi a sfidare la tolleranza di tutte noi. Non ebbe, quella svergognata, la sfrontatezza di salire su un albero di ciliege e di chiamare Sua Maestà con nessuna riverenza e pregarlo di tenderle il cappello mentr’essa lo colmava di ciliege e ne mangiava intanto e schizzava i noccioli dall’alto, bersagliando con motti le dame e i cavalieri?
— Ebbe poi l’inaudita impudicizia di presentarsi alla Duchessa, di offrirle le ciliegie nel tricorno di suo marito e la Duchessa sorrideva tranquilla, sembrava non vedere, non sentire.
— Ma vede, sente, medita, state sicure!
— E soffre. La sotto-governante, ieri, passando nei gabinetti di toeletta, la vide riflessa in uno specchio con sulle ginocchia il principino, mentre baciava i capelli del piccolo e piangeva.
— Ma Sua Altezza il Duca! Come ha potuto posporre una bella sposa di vent’anni a quella svergognata che ne ha trentacinque?
— Trentotto!
— Quaranta!