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Torino d'altri tempi 159

il Palazzo Madama o la galera capitana degli Stati Sardi; ma la Regina, la Principessa, si sono opposte e l’artista ha costrutto con la chioma densa un edificio a tre piani coronato da un nido dove una colomba cova teneramente assistita dalla compagna.

Ravissante! Ravissante! — mormora la cognata che le sta alle spalle puntandole di sua mano un fiore o una piega del guardinfante.

Ma ad un tratto vede le gracili spalle adolescenti scosse da un sussulto, si china, guarda: il volto dipinto con tanta cura è inondato di pianto.

Ah mon Dieu, tu va te ravager! ma per carità! Vieni, vieni a vederti e non piangerai più.

Prende la sposa per mano, la conduce dinanzi al grande specchio ovale della parete. Le lacrime s’arrestano d’improvviso. La bimba che ieri ancora giocava alle dame in visita, sbigottisce d’essere oggi una dama davvero e non pensava di vedersi così bella. Sorride tra gli ultimi singhiozzi, sorride a sè stessa, alla cognata, alle cameriere, cancella col batuffolo della polvere l’ultima traccia di lagrime.

— Sua Maestà la Regina! — annunzia un servo.