Pagina:Gozzano - L'altare del passato, 1918.djvu/157


Torino d'altri tempi 147

legno, metà sospeso su due vecchie arcate diroccate: gracile, malfermo, pittoresco come un motivo fiammingo. Passano contadini nel costume di Gianduia, passa una berlina con due abati dal cappello immenso, alla Don Basilio; passa un saltimbanco con una carrozzella ed una scimmia.

Ecco una porta dalla favolosa architettura barocca: Porta Padana: la Porta di Po! Troverò dunque Piazza Vittorio. Entro, ma Piazza Vittorio non esiste più, non esiste ancora. La città comincia dove termina oggi Via Po. Ecco Via Po finalmente! Ha i suoi portici d’oggi, i suoi palazzi, i suoi balconcini in ferro battuto, ma è deformata da non so che, le manca non so che cosa; forse l’assenza di lastrico, di selciato, di rotaie, e la Doira, quel ruscello che scorre nel mezzo, e la scarsità, la povertà dei negozi le dànno quest’aspetto sinistro di fame e di pestilenza. Eppure è rallegrata con grandi archi trionfali di tela e di legno a figure allegoriche barocche, recanti nel mezzo l’anagramma in corsivo sotto lo stemma sabaudo; e la folla è fittissima e gaia; Gianduia e Giromette; contadini che affluiscono alla città, in questo giorno, senza dubbio, solenne, borghesi, gentiluomini, soldati a piedi e a cavallo, balenìo d’occhi e di denti, corrugare di labbra e di sopracciglie, rozze