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136 | l'altare del passato |
— Le sorelle Tau, egiziane. Arriviamo in buon punto; val la pena di vederle.
Ci sedemmo.
Appena le mime riconobbero il dottore, lo salutarono, pur sempre danzando, con un sorriso della bocca e degli occhi, un sorriso d’intesa fraterna, un po’ derisoria.
Un negretto annunciava in inglese le didascalie:
— .... Allora le figlie del sacerdote invocano lo sciacallo Anubi....
L’illusione cominciava a prendermi. Il quadretto era oleografico, ma pensavo che era vero. Vere erano sopratutto le due egiziane, non per il costume simile a quello di una qualunque Iside da operetta, ma per la sveltezza e la grazia insuperabile della persona, per la scienza dei gesti imitati sui bassorilievi e sulle pitture delle necropoli e pel viso sopratutto, ovale, olivigno, dagli occhi immensi, chiusi nella cuffia enorme dei capelli azzurri, densi, come scolpiti nel legno....
— Che strano, — dissi al dottore, — hanno veramente gli occhi “senza prospettiva„, “senza profilo„ come nelle pitture egizie: e io credevo fosse la maniera d’un’arte ancora troppo infantile! E invece un carattere etnico; come si vede l’autenticità della razza!