capelli cresputi: documento vivente degli amori di sir Goldsmith con qualche antropofaga degli antipodi. Eleanor! Raramente ho incontrato in seguito nella vita una donna perfida come quel piccolo mostro. Ah! quelle gite in Val Salice, quella vettura che ci portava lungo il Corso Vittorio, attraversava il ponte in ferro sul Po (detestabile anch’esso, detestabile tutto il paesaggio in quel ricordo!) e saliva la collina passo passo, fino alla villa della mia dannazione! Tutto m’era odioso là dentro: la lingua non mia, il giardino tetro, la casa squallida, alla quale il passaggio di quei nomadi aggiungeva un cattivo gusto zingaresco, le accoglienze meccanicamente cordiali di sir Goldsmith, il suo bacio sulle mie gote, l’inchino ipocrita di Eleanor che sorrideva con tutti i suoi denti di cannibale, già sogguardandomi come la vittima designata.... Convenivano là, due, tre conoscenze con i loro bambini; i “grandi„, si adunavano nell’atrio o in sala: le signore cinguettavano di mode, sir Goldsmith parlava con gli uomini di edilizia americana e di concia di kanguri, di bridge e di pericolo giallo; sovente invitava la figlia ad un saggio d’arpa e si esaltava, s’insuperbiva, prorompeva in tali applausi prima della fine e prima degli altri che gli altri più non sapevano trovare elogi adeguati. Ma, poco dopo,