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110 | l'altare del passato |
— Sentiamo.
— Sei qui per rimetterti dei tuoi nervi e la compagnia di quell’esaltata è la negazione della cura. La conosco da anni. Giurerei che avete parlato tutto il giorno d’arte e d’oltretomba. Sono le sue due specialità. Hai gli occhi di un allucinato anche tu.
— Sentiamo, e voi, che cosa avete fatto di meglio?
— Siamo stati a Porto Empedocle a veder ritirare le reti. Abbiamo aiutati i pescatori e i marinai; un esercizio che avrebbe fatto bene anche a te. Poi abbiamo invasa un’osteria del basso porto, comprese le signore, e abbiamo mangiato il pesce fritto alla saracena. Poi abbiamo scommesso a chi faceva più giri intorno alla fontana di San Rocco con Madame Delassaux tra le braccia. Pesa novantasette chili. Io ho vinto il secondo premio....
Il mio amico aveva ragione. Ma l’errore era d’aver scelto per il mio riposo una terra dove ogni pietra aveva un potere magico, un passato favoloso, e dava l’ebbrezza e l’allucinazione. Meglio la Liguria non bella che d’aranci e di oliveti, meglio il mio canavese privo di fulgidi passati, ma verde di riposi ristoratori, dove l’anima s’adagia come una buona borghese.