Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1930, XXIX.djvu/98

96 ATTO PRIMO
Ramerino. Compatisco il martir che vi dà pena.

Ma per distrarre appunto
Da sì tristo pensiere
La mente sbigottita,
Meco fare dovreste una partita.
Celindo. Deh, per pietà...
Ramerino.   Credetemi, che il gioco
Tutt’altro fa scordar. Quando seduto
Io sono al tavolier, mi scordo a un tratto
Degli affar, degli amici e de’ parenti:
E, quel ch’è meglio ancora,
Tutti i debiti miei mi scordo allora.
Celindo. Per me tutto fia vano;
Non ritrovo piacer, pace non trovo,
Se dell’idolo mio lo sdegno io provo.
Non l’inutile gioco,
Non le feste, i teatri, il ballo, il canto
Mi potrian consolar, s’io vivo in pianto.
  Misero, senza il dolce
  Conforto di speranza,
  Misero, sol m’avanza1
  L’affanno ed il dolor.
  Perde la face il lume,
  Se priva è d’alimento;
  Come la face al vento,
  Langue nel seno il cor. (parte

SCENA X.

Don Ramerino solo.

E pur l’amore istesso,

Sia piacer, sia tormento, o gelo, o foco,
Perfetta analogia serba col gioco.

  1. Nel testo: m’avvanza.