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DE GUSTIBUS NON EST DISPUTANDUM 91
E d’Erminia e di me, versi ha formati,

D’uno stile bizzarro e inusitati.
Risponder si vorrebbe ai carmi suoi:
Ecco, amico, il perchè si vien da voi.
Cavaliere. Versi... versi... Son belli?
Erminia.   Anzi bellissimi.
Cavaliere. Lasciate ch’io li veda.
(Artimisia non c’è). (da sè
Celindo.   Eccoli.
Cavaliere.   (Parmi
D’avere il fuoco addosso.
Leggerli non vorrei... Ma far nol posso). (da sè
Erminia. Ammirate lo stil.
Celindo.   Stile che invero
Al Berni stesso in leggiadria non cede.
Cavaliere. Leggiamoli. (Artimisia ora non vede). (da sè
Se d‘un paio di nozze, Amor, sei vago...
Che bel verso! Mi piace.

SCENA VI.

Artimisia e detti.

Artimisia.   (Il cavaliere

Legge, e ride; sentiamo).
Cavaliere. Tendi l’arco fatale, (da sè
Che ferisce talor senza far male.
Oh benissimo detto!
Artimisia. (Ride, giubila1, e gode. Oh maladetto!) (da sè
Celindo. Seguite.
Cavaliere.   Oh che piacer!
Erminia.   Sentite il resto.
Cavaliere. Gusto non ebbi mai maggior di questo.
Amor, farai così...

  1. Fenzo e Ghislandi: giubbila; e più sotto: giubbilar.