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DE GUSTIBUS NON EST DISPUTANDUM 85
Artimisia. E chi l’ha fatto?

Pacchione. Io, io colle mie mani;
Fattomi preparar pentole e fuoco,
Sono andato in cucina, e ho fatto il cuoco.
Un pezzo di vitello
Che ha tre dita di grasso,
Cotto con le tartufole e il presciutto:
Oh vita mia! me lo mangerei tutto.
Artimisia. Voi, signor don Pacchione,
Siete, per quel che sento, un bel mangione.
Pacchione. Può darsi in questo mondo,
Oltre quel del mangiar, gusto migliore?
Artimisia. Sì, può darsi.
Pacchione.   Qual è?
Artimisia.   Far all’amore.
Pacchione. L’amore è un bel piacere,
Non lo nego, lo so; godo star presso
D’una donna gentil, vezzosa, amena;
Ma mi piace di farlo a pancia piena.
Artimisia. Dunque invan mi lusingo,
Che per me sia venuto a favorirmi
Don Pacchione gentil. Per lui nel cuore,
Lo dirò con rossor, provo il martello,
Ed ei pensa al prosciutto ed al vitello?
Pacchione. Voi, madama, per me?...
Artimisia.   Sì; cieco tanto
Siete per non vederlo? Ad una donna
Vedova, qual io son, non isconviene
Palesar l’amor suo, dir le sue pene.
Pacchione. Ma voi del cavaliere
Invaghita non siete?
Artimisia.   Ah no; mi piace
In voi l’allegro viso,
Il pingue corpo e la robusta schiena.
Ma più di me v’alletterà una cena.