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(Parigi. 1764) “e riesci anche su quel teatro”. Diede pure origine a due drammi giocosi. l’uno dei quali, Amore in musica (1763). fu attribuito al Goldoni. E invero questa commedia, condotta da un sincero ammiratore sul solco goldoniano, sebbene cada spesso nel volgare e nello sciocco, ha spunti piacevoli. Peccato sia scritta barbaramente, come riconosceva Domenico Caminer nell’Europa letteraria (maggio 1773, p. 37: un solo personaggio, Zanetto, parla veneziano). Il Griselini ci presenta due tipi di cantanti: l’una più onesta, Reginella, benchè dotta, come Mirandolina, nelle lusinghe femminili, la quale a tutto rinuncia per amore del suo Zanetto; l’altra ignobile e caricata. Farfarella, seguita dall’affamato marito, maestro di musica. Una macchietta originale è la madre di Reginella.
Il Goldoni volle rappresentare in Petronilla la virtuosa, diremo così, aristocratica, quale poteva essere una Cuzzoni o una Bordoni di ritorno dal Tamigi, o quale si dimostrava allora con tutti i suoi capricci Caterina Gabrielli la Cochetta, la cantante più famosa e caratteristica del Settecento. La Farfarella del Griselini finge di tornare da Parigi e parla, un linguaggio francese spropositato, ossia italianato: madama Petronilla “affetta il laconismo” e la rudezza inglese col suo degnevole anzi (A. Graf, L’anglomania ecc., Torino, 1911, p. 192); inoltre fa pompa dei regali ricevuti (a. I, sc. 10 e a. II, sc. 3). Vedete sopratutto la sua superbia nella scena con la Contessa (a II, se. 4). Vivace la prima scena, la quale descrive l’arrivo della cantante in un carrozzino tirato da quattro cavalli, con gran seguito di servi: accompagnata da due nobili cicisbei (il Marchese e il Barone) e dal fedele innamorato (Carpòfero); e comica pure l’ultima, che ci fa assistere alla partenza dei medesimi personaggi, col medesimo treno di cavalli, bagagli e servitori. Il primo atto, ben costruito, e le prime scene del secondo ci dimostrano, per vivacità, per arguzia e per sagace arte di teatro, lo scrittore geniale e consumato: ma poi la comicità diviene artificiosa con i travestimenti del Marchese, del Barone e di Carpòfero, che già conosciamo dalla Cantarina (vol. XXVI): propri degli Intermezzi e graditi nel secolo delle maschere. Povero l’ultimo atto. Scialba figura la Contessa, che si innamora di Carpòfero ai primi complimenti: graziosa, come il solito, la servetta Giacinta. Felice la rivalità del Marchese e del Barone. Pessimi i versi: delle arie nessuna più si ammira, ma forse trovò fortuna quella di Giacinta: “Son segreta ecc.” (II, I) e quella dell’orologio, cantata dal Marchese (“Quest’orologio con me s’accorda” II, 8), e quella del Barone: “Delle donne so che il core - E più instabile del mar„ (II, 12), e, più di tutto, il comico grido di Petronilla: “Londra mia, dove sei tu?„ (I, 9).
La Ritornata di Londra fu musicata dal giovane maestro Domenico Fischietti, che fin dal 1749 a Napoli aveva creato le note dell’Abate Collarone, ossia le Chiajese canterine: a noi già noto per lo Speziale (v. spec. p. 228). Serafina Penni dovette interpretare egregiamente il personaggio di madama Petronilla: anche gli altri cantanti trovammo già nella Cascina e nella Diavolessa. L’opera fu ripetuta nell’estate a Dresda (20 luglio) e nell’autunno a Milano, nel carnevale ’37 a Bologna e nell’autunno a Parma (col titolo più chiaro: La virtuosa ritornata da Londra e con arie d’altri maestri); nel carnevale 1760 a Modena (col titolo: Il Ritorno di Londra), nella primavera