Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
LA CASCINA | 501 |
SCENA V.
Costanzo solo.
So quanto può nel petto
Di ogni misero amante un dolce affetto.
Giunse l’amor crudele,
Giunse a far, non so come,
Ch’io cambiassi, infelice, e spoglie, e nome.
Soffro la servitù, soffro la vita
Rustica, vile, abietta,
Per Lavinia diletta, - e per vederla,
E per esser vicino al bel che adoro,
Scordo la patria, ed il natio decoro.
Care selve, piagge amate,
Deh svelate - all’idol mio
Quell’amor, - quel duolo rio,
Che celato ho nel mio cor.
No, tacete ancor per poco
Il mio foco, - i desir miei.
Destar pria si vegga in lei
La pietà, se non l’amor. (parte
SCENA VI.
Camera nobile nel palazzo di Lavinia.
Lavinia ed il Conte Ripoli.
Conte. È mio dovere.
Lavinia. Grazie a lei.
Conte. Son cavaliere:
Colle dame so trattar.
Lavinia. Obbligata, mio signor.
Conte. Mi potete comandar.