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350 ATTO TERZO
Sono stordito affatto.

Questo momento dunque
Non si perda, mia cara, inutilmente.
Mi vuoi tu bene1?
Lisetta.   Niente.
Pancrazio. Come? Perchè?
Lisetta.   Son io
La cameriera, e voi il padron mio;
S’io v’amassi, dovrei
Troppo di poi patir per vostro amore.
Ho sìri tenero il cuore,
Che lasciato una volta in libertà,
Più legarsi non sa.
Pancrazio.   Dunque io non sono
Quello di cui tu pensi?
Lisetta. Ma se vi penso, e poi?
Pancrazio. L’aggiusteremo presto fra di noi.
Vuoi tu che intero, intero,
lo ti spieghi il mio cuor?
Lisetta.   Parlate pure.
Pancrazio. Desideri esser mia?
Lisetta. Volesse il Ciel... ma poi, se son schernita?...
Pancrazio. Ben, sposiamoci dunque, ed è finita.
Lisetta. Che poca carità ch’è mai la vostra!
Burlare un’innocente!
Pancrazio. Io ti parlo col cuor sinceramente.
Lisetta. Se mi burlate poi, mi parrà strano.
Pancrazio. In pegno del mio amor, ecco la mano.
  Lisetta carina,
  In questa mattina
  Ti giuro la fè.
  Lisetta.
  La fede, l’affetto
  È tutto per te.

  1. Testo: ben.