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196 ATTO TERZO
Eugenia.   Dite,

Pastorella gentile, è albergo vostro
Questo di dove uscite?
Lena.   Sì, signora.
Eugenia. Altri vi son?
Lena.   Per ora
Altri non v’è che io,
Ed un uomo da ben qual è mio zio.
Eugenia. Siete voi maritata?
Lena. Sono fanciulla ancora,
Ma d’esserlo1 son stanca.
Rinaldo. (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca), (da sè
Eugenia. D’una grazia pregarvi
Vorrei, se nol sdegnate.
Lena. Dite pur, comandate.
Eugenia. Vorrei nel vostro tetto
Passar per un momento.
Lena. Sola passate pur, che mi contento.
Rinaldo. Perchè sola? Son io,
Pastorella gentile, il di lei sposo.
Lena. Davvero? Compatite;
Ho ancor qualche sospetto.
Perchè non la menate al vostro tetto?
Rinaldo. Vi dirò...
Eugenia.   Non ancora
Son contratti i sponsali.
(Correr una bugia lasciar non voglio). (da sè
Lena. Me n’avvidi, che v’era un qualche imbroglio.
Eugenia. Deh, per pietà, vi prego...
Lena. Che sì, che al genitore
L’avete fatta bella?
Eugenia. Amabil pastorella,
Voi non sapete al core
Quanto altero comandi il dio d’amore.

  1. Nel tetto: d’esserla.