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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Luogo campestre con casa rustica di Nardo.

Eugenia e Rinaldo.

Eugenia. Misera! a che m’indusse

Un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
Parlar mi sento al core,
Giustamente sdegnato, il genitore.
Rinaldo. Datevi pace; alfine
Siete con chi v’adora;
Siete mia sposa.
Eugenia.   Ah, non lo sono ancora.
Rinaldo. Venite al tetto mio; colà potrassi
Compire al rito, e con gli usati modi
Celebrare i sponsali.
Eugenia.   Ove s’intese,
Che onesta figlia a celebrare andasse
Dello sposo in balìa nozze furtive?
No, non fia ver, Rinaldo;
Ponetemi in sicuro;
Salvatemi l’onore,
O pentita ritorno al genitore.
Rinaldo. Tutto farò per compiacervi, o cara;
Eleggete l’albergo ove pensate
D’essere più sicura.
L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.

SCENA II.

La Lena di casa, e detti.

Lena. Questa, se non m’inganno,

Di don Tritemio è la figliuola.