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186 ATTO SECONDO
Voi siete il mio sposino;

E se amico destino a voi mi dona,
Anche un re lascierei colla corona.
Nardo. S’ella fosse così...
Lesbina.   Così è pur troppo.
Ma voi siete pentito
D’essere mio marito;
Qualch’altra donna amate,
E per questo, crudel, mi discacciate.
Nardo. No, ben mio, no, carina;
Siete la mia sposina; e se colui
O s’inganna, o m’inganna, o fu ingannato,
Dell’inganno sarà disingannato.
Lesbina. Dunque mi amate?
Nardo.   Sì, v’amo di core.
Lesbina. Siete l’idolo mio.
Nardo.   Siete il mio amore.

SCENA XIV.

La Lena e detti.

Lena. Signor zio, signor zio, che cosa fate?

Lontano discacciate
Colei, che d’ingannarvi ora s’impegna:
D’essere vostra sposa non è degna.
Lesbina. (Qualche imbroglio novello). (da sè
Nardo.   Ha forse altrui
Data la fè di sposa?
Lena.   Eh, signor no.
Quel ch’io dico lo so per cosa vera:
Ella di don Tritemio è cameriera.
Lesbina. (Ah maledetta!)
Nardo.   È ver quel ch’ella dice? (a Lesbina
Lesbina. Ah misera, infelice!
Compatite, se tanto
Amor mi rese ardita.