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180 | ATTO SECONDO |
Eugenia. Fu cagione
Che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida;
Quest’anello omicida
Dinanzi agli occhi miei soffrir non vuò.
Lesbina. Se volete così, lo prenderò.
Eccolo nel mio dito.
Che vi par? Mi sta bene?
Eugenia. Ah, tu sei la cagion delle mie pene.
SCENA X.
Don Tritemio e dette.
Alla sposa ha mandato (mostra un gioiello
Questo ricco gioiello.
Prendilo, Eugenia mia; guarda, s’é bello.
Eugenia. Non lo curo, signore...
Tritemio. Ed io comando,
Che tu prender lo debba; il ricusarlo
Sarebbe una insolenza.
Eugenia. Dunque lo prenderò1 per obbedienza.
(prende il gioiello
Ma... vi chiedo perdono,
Non mi piace, nol voglio; a te lo dono.
(lo dà a Lesbina
Lesbina. Grazie. (lo prende
Tritemio. Rendilo a me. (a Lesbina
Lesbina. Signor padrone,
Sentite una parola.
(Se la vostra figliuola
È meco generosa,
Lo fa perchè di voi mi brama sposa).
(piano a don Tritemio
- ↑ Nella prima edizione Fenzo (1754) è stampato: prendo.