Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
IL FILOSOFO DI CAMPAGNA | 173 |
SCENA III.
Don Tritemio, Eugenia, poi Lesbina che torna.
Tritemio. Affé, non ho mai visto
Una donna di te più scimunita.
Figlia che si marita,
Suol esser lieta, al suo gioir condotta;
E tu stai lì, che pari una marmotta?
Eugenia. Che volete ch’io dica?
Tritemio. Parla, o taci.
Non me n’importa più.
Sposati, e in avvenir pensaci tu.
Lesbina. Signor, è un cavaliero
Col notar della villa in compagnia,
Che brama riverir vossignoria.
Tritemio. Vengano. (Col notaro?
Qualchedun che bisogno ha di denaro). (da sè
Lesbina. (È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
D’evitar il periglio). (piano ad Eugenia
Eugenia. (Andiam, Lesbina). (a Lesbina
Con licenza. (s’inchina a don Tritemio
Tritemio. Va pure.
Eugenia. (Ahi, me meschina
SCENA IV.
Don Tritemio, poi Rinaldo e Capocchio Notaro.
Purchè sicuro sia con fondamento,
E che almeno mi paghi il sei per cento.
Ma che vedo? È colui
- ↑ Nella prima ed. Fenzo, per errore: ghe ne darò. Forma dialettale.