Eugenia. Perdonate, signor...
Lesbina. La poveretta
È un pochin ritrosetta.
Tritemio. Oh bella, affé!
Si vergogna di me, poi collo sposo
Il suo cuore non è più vergognoso.
Lesbina. Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
Cotali meraviglie.
Soglion tutte le figlie,
Ch’ardono in sen d’amore,
La modestia affettar col genitore.
Tritemio. Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
Dallo sposo l’anello? (ad Eugenia
Lesbina. Signor sì.
Tritemio. Parlo teco. Rispondi. (ad Eugenia
Eugenia. Eccolo qui.
(mostra a don Tritemio
Tritemio. Capperi! È bello assai.
Non mi credeva mai,
Che Nardo avesse di tai gioje in dito.
Vedi se t’ho trovato un buon marito?
Eugenia. (Misera me, se tal mi1 fosse!) (da sè
Tritemio. Oh via,
Codesta ritrosia scaccia dal petto;
Queste smorfie oramai mi fan dispetto.
Lesbina. Amabile sposina,
Mostrate la hocchina un po’ ridente.
Eugenia. (Qualche volta Lesbina è impertinente). (da sè
Tritemio. E picchiato, mi par.
Lesbina. Vedrò chi sia.
(Ehi, badate non far qualche pazzia).
(piano ad Eugenia, e parte
- ↑ Guibert e Zatta: mel.