Avete dei poderi e dei contanti;
La fatica lasciate ai lavoranti.
Nardo. Cara nipote mia,
Piuttosto che parlar come una sciocca,
Fareste meglio maneggiar la rocca.
Lena. Colla rocca, col fuso e coi famigli
Stanca son d’annoiarmi;
Voi dovreste pensare a maritarmi.
Nardo. Sì, volentieri. Presto,
Comparisca un marito. Eccolo qui.
(accenna un Villano
Vuoi sposar mia nipote? Signor sì.
Eccolo, io ve lo do.
Lo volete? Vi piace? (alla Lena
Lena. Signor no.
Nardo. Va a veder, se passasse
A caso per la strada.
Qualche affamato con parrucca e spada.
(al Villano, il quale parie ridendo
Vedi? Ride Mingone, e ti corbella.
Povera vanarella,
Tu sposeresti un conte od un marchese,
Perchè in meno d’un mese,
Strapazzata la dote e la fanciulla,
La nobiltà ti riducesse al nulla.
Lena. Io non voglio un signor, nè un contadino;
Mi basta un cittadino
Che stia bene...
Nardo. Di che?
Lena. Ch’abbia un’entrata,
Qual a mediocre stato si conviene;
Che sia discreto, e che mi voglia bene.
Nardo. Lena, pretendi assai;
Se lo brami così, nol troverai.
Per lo più i cittadini