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138 ATTO TERZO
Artimisia.   Lo negate?

Cavaliere.   Eh, non lo nego.
Artimisia. Or chi vi risanò dite, vi prego.
Cavaliere. D’Artimisia la mano,
Signori miei, mi fe’ ritornar sano.
Pacchione. È finita l’istoria?
Artimisia.   È terminata.
Erminia. Signora zia garbata,
Mi rallegro con lei.
Celindo. Anch’io con tal pozion risanerei.
Artimisia. Animo dunque, o cari,
Fate quel che ho fatt’io:
Coraggio vi darà l’esempio mio.
Sposatevi alla fine;
Ad Erminia di madre in luogo io sono.
Fatelo, e cento doppie anch’io vi dono.
Celindo. Che dite? (ad Erminia
Erminia.   Io non dissento.
Celindo. Ecco, mio ben, la destra.
Erminia.   Ecco la mano.
Le cento doppie? (ad Artimisia
Artimisia.   Io non prometto invano.
Pacchione. Anche codesta è fatta.
E non si mangia mai?
Artimisia. Sì, don Pacchione,
Ora si mangerà. Tutti contenti
Voglio che siate alfin. Celindo, Erminia,
Inclinati agli amori,
Goderanno il piacer de’ loro ardori.
Il cavalier felice
Sarà nell’allegria,
Risanato da me dalla pazzia.
Don Ramerin col gioco è soddisfatto.
Mangerà don Pacchion qualche buon piatto.
Rosalba, che sol gode