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DE GUSTIBUS NON EST DISPUTANDUM 129
Se giunger posso a lavorar coi denti,

I perigli mi scordo, ed i tormenti.
Celindo. Già la sera s’avanza;
Nella vicina stanza
S’imbandisce la mensa, e manca poco
A consolarvi affatto.
Pacchione. Artimisia da me voluto ha un patto.
Celindo. E quale?
Pacchione.   Pria che giunga
L’ora d’andare a cena,
Vuol ch’io abbia la pena
Di stare a tavolino
Col gioco a trattenere Ramerino.
Celindo. Che bizzarro pensier!
Pacchione.   Dice, che a tutti
Vuol dar soddisfazione.
Contenta di ciascun vuol la passione.
Obbedirla anche in CIò da me si deve,
Ma farò una partita breve breve.
Celindo. Voi amate Artimisia, e non sapete
Ch’ella del cavalier...
Pacchione.   Pazzo è il meschino.
Celindo. Non credo che Io sia, ma se tal fosse,
È certa la ragione,
Che Artimisia di tutto è la cagione.
  Ah, sono pur tanti
  Que’ miseri amanti
  Che vivono in pene
  Fra l’aspre catene,
  Ed han, per mercede
  D’amore e di fede,
  Tormenti e rigor.
  Resister non puote
  A legge sì dura:
  Lo spirto si scuote.