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126 | ATTO TERZO |
Parlate al meschinel, che vi vuol bene.
Serbar odio per questo non conviene.
Erminia. No, non merita amore.
Artimisia. Eccolo.
Erminia. Io parto.
Artimisia. Alfin son vostra zia:
Un affronto non soffro in casa mia.
Erminia. Resterò per rispetto.
Artimisia. (Vuò che faccian la pace a1 lor dispetto). (da sè
SCENA II.
Celindo e detti.
Artimisia. Celindo caro,
La maschera mi levo, e parlo chiaro.
Finsi amore2 con voi, sol per far prova
Della costanza vostra
Con Erminia che v’ama;
E mi ha scandalizzato
Deboi tanto trovarvi, e tanto ingrato.
Celindo. Merito, è ver, lo scherno,
Merito sdegno, e non domando amore.
Ma se pietoso il cuore
S’arrese al vostro pianto,
Reo della colpa mia non son poi tanto.
Artimisia. Uditelo, nipote;
Ei da se stesso mancator s’accusa,
E nel merito mio trova la scusa.
Di pietà non è indegno
Chi mi apprezza e mi stima a questo segno.