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ATTO TERZO

SCENA PRIMA.

Camera.

Erminia ed Artimisia.

Artimisia. Venite qui, nipote garbatissima,

Vi voglio consolare; anzi vi voglio
Chiedere un po’ di scusa,
Se per divertimento
Recato ho al vostro cuor qualche tormento.
Siamo in campagna alfine1,
E par che la campagna ci permetta
Di far, per allegria, qualche scenetta.
Erminia. Signora, io non v’intendo.
Artimisia. Mi spiegherà. Sappiate
Che il povero Celindo
V’ama, v’adora, ed è fedele a voi.
Diciamola tra noi:
Un po’ di tentazion gli ho posta in mente,
Ma l’ho fatto per burla, e non è niente.
Erminia. Voi faceste da scherzo, egli davvero.
In ogni guisa è sempre
Mancatore Celindo.
Artimisia.   Eh via, nipote,
Ogni trista memoria ormai si taccia2.
Chi è di là? (viene il Paggio
Erminia.   Quell’ingrato
Mi ha schernito, mi ha offeso, e mi tradì.
Artimisia. Dite a Celindo che l’aspetto qui. (al Paggio che parte
Erminia. Seco non vuò parlar.

  1. Nell’ed. Zatta si legge soltanto: Siamo in campagna.
  2. È il noto verso del Tasso (Gerus. lib., c. XVIII, v. 11) ricordato spesso dal Goldoni: vol. XXVI, p. 65, n. 5.