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bilmente nel 1744 (v. lettera al conte Tiberio Roberti, in Opere dell’abate G. B. Roberti, Venezia, 1831, t XV, p. 173), il poemetto intitolato Il Mondo della Luna, diviso in due canti, Viaggio Lunare e La Repubblica Lunare, stampato la prima volta a Venezia in principio del 1754 (v. Novelle Repubblica Letteraria per l’anno 1754, n. 2 e Memorie per servire all’istoria letteraria, t. III, febbraio I754). Un poemetto giocoso con lo stesso titolo lasciò manoscritto certo Pietro Andrea Monti modenese (1693-1762: Bibliografia Goldoniana Modenese, in Modena a C. Goldoni, 1907, p. 423), il quale aveva letto i viaggi di Cyrano. Più tardi, nel 1768, Alexis-Jean Le Bret (n. Beatine 1693, m. Parigi 1772) pubblicò La Nouvelle Lune, ou Histoire de Poequilon (Amsterdam et Lille, tt. 2), romanzetto tradotto in italiano nel 1770 (con la falsa data di Londra: La Nuova Luna o sia istoria di Pequilone, in due parti).

Ma il Goldoni fin dal 1743 a Rimini, per suggerimento del conte Grosberg, comandante dell’esercito spagnolo, aveva abbozzato uno scenario che più non ci resta, il quale aveva per titolo, come sembra, Il mondo della Luna (Mémoires, parte I, ch. 45). Il Grosberg ricordavasi d’una commedia o farsa in tre atti. Arlequin empereur dans la Lune, di Nolant de Fatouville, rappresentata dai comici italiani a Parigi, nell’Hôtel de Bourgogne, con immenso successo il 5 marzo 1684 e ripetuta anche più tardi, poichè se ne impadronirono i teatri della Fiera nel 1712 e si recitava ancora nel 1752 (M. Albert, Les théâtres de la Foire, Paris, 1900, p. 96, e N.-M. Bernardin, La Comédie Italienne en France etc., Paris, 1902, pp. 27-28). Alcune scene si leggono nel I t. del Théâtre Italien del Gherardi (ed. definitiva, Paris, 1700, spesso riprodotta: su questa raccolta v. O. Klingler, Die Comédie-Italienne in Paris nach der Sammlung von Gherardi, Strassburg, 1902; e più brevemente P. Toldo, Il teatro di Evaristo Gherardi a Parigi, in Rassegna Nazionale, 16 apr. 1897), ma non dice il Goldoni di avene conosciute. Certo era suo costume di rimaneggiare con la propria fantasia ogni argomento, senza badare troppo agli esempi degli autori che lo avevano preceduto o alla stessa tradizione. Nella farsa di Fatouville, Arlecchino dà ad intendere al Dottore di esser stato trasportato nella luna dagli avvoltoi (come Bertoldino viene alzato in aria dalle gru) e chiede la mano d’Isabella fingendosi l’imperatore di lassù. Piacevole la satira dei costumi lunari che sono i medesimi di questa bassa terra. "C’est tout comme ici": esclamano pieni di meraviglia il Dottore, Isabella e Colombina in coro, alla descrizione stupefacente d’Arlecchino.

Goldoni immagina che Bonafede, non meno sciocco del Dottore, veda attraverso il canocchiale di Ecclitico la società lunare e si creda poi trasportato nella luna, bevendo certo liquore (si ricordino gli scenari di Truffaldino ubbriaco e re dormendo, Brighella re dormendo ecc., dalle Mille e una notte: v. Meister, in Correspondance Grimm, Paris, t. XIV [1880], p. 3). Il finto imperatore è qui il servo Cecco. Lo scherzo ha per fine il matrimonio di Ecclitico e di Ernesto con le figlie di Bonafede, custodite fino allora gelosamente. Nel primo atto Ecclitico si trasforma per amore in astrologo, come già vedemmo nella Pupilla (vol. XXVI, pp. 83 e sgg. e p. 126). Per quanto sia esagerata e caricata la buaggine di Bonafede, il personaggio riesce buffo e non manca di vita teatrale, per esempio nella prima scena dell’atto I, quando rac-