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446 ATTO SECONDO
Floro. Or devo più che mai,

Per fuggir l’insolenza di costei,
Mentir il nome e li natali miei.
Crocco. Eccola, che sen vien.
Floro. Lasciami solo.
Crocco. Volentiernota me ne vo,
Chè in sta sorte d’imbrogli io non ci sto.
  Una femmina quando è arrabbiata,
  Pare un cane che morde, che abbaia;
  Anzi pare una gatta irritata,
  Che con l’ugne vuol tutti graffiar.
  Alla larga da questa bestiaccia
  Fuggo, fuggo, che ho troppa paura.
  Sembra bella la donna alla faccia.
  Ma sovente fa l’uomo tremar. (parte

SCENA II.

Floro, poi Lindora.

Floro. Eccola, che s’accosta.

Ora vi vuol franchezza e faccia tosta.
Lindora. Ab! che miro. Sei tu?
Floro. Men confidenza.
Che cos’è questo tu?
Lindora. Morto non sei?
Floro. Quando morto foss’io, non parlerei.
Lindora. Traditor, scellerato,
Alfin t’ho ritrovato.
Floro. E che pretendi
Dal principe Ferrante?
Lindora. Ab bugiardo, ab birbante!
Per ingannar Lindora,
E forse per gabbar altre persone,
Esser di camerier fingi il padrone?

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  1. Nelle stampe del Settecento: Volentieri.