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NOTA STORICA

Per l’autunno del 1749, cioè per il secondo anno dopo il suo ritorno a Venezia, il Goldoni preparò, oltre le commedie prescritte per il teatro di Sant’Angelo, due nuovi drammi giocosi, il Negligente e il Finto Principe. E invero nel contratto stabilito col Medebach dopo il primo anno di prova, in data 10 marzo ’49, eragli data licenza di poter scrivere liberamente per i teatri di musica (vedi vol. IX della presente edizione, p. 472).

È evidente dal titolo l’intenzione del Goldoni di voler dipingere nel Negligente un carattere umano: non già il vecchio tipo dello stordito, caro ai Molière e alla commedia dell’Arte, bensì l’uomo indolente, pigro, accidioso, come dicevasi nel passato, abulico, come usa dir oggi, privo d’ogni energia d’azione, d’ogni volontà, incapace d’ogni sforzo, d’ogni fatica, d’ogni sacrificio, amante del proprio comodo, anzi del dolce far niente, egoista ed apatico. Crede Edgardo Maddalena che il commediografo veneziano togliesse questa figura dal teatro francese e si valesse “ampiamente” del Négligent, commedia in tre atti di Dufresny, rappresentata a Parigi nel 1692 e stampata nel 1728: dove l’autore rise forse un po’ di se stesso (Fournel, Le théâtre au XVIIe siècle, Paris, 1892, pp. 325-326). Che il Goldoni leggesse da giovane a Pavia, oltre Molière, i due Corneille, Regnard, Quinault, Dancourt ed altri, è probabile, ma le commedie di Dufresny uscirono tardi, quando il Dottor veneziano non aveva piò tempo o voglia di attendere alle letture, e s’egli protesta, com’è noto, d’aver conosciuto soltanto a Parigi l’Esprit de contradiction (v. vol. XV, pp. 111 e 185-6), si può ammettere a maggior ragione che non conoscesse il Négligent. Per semplice curiosità notiamo che una commediola in un atto con lo stesso titolo e con scene italiane e francesi recitarono pure in Francia Lelio (Luigi Riccoboni) e Dominique (Pier Francesco Biancolelli) nel 1721 (v. Léris, Dictionnaire portatif des théâtres, Paris, 1754). Una commedia in versi, le Paresseux di De Launay, ebbe fredda accoglienza sulle scene del Teatro Francese nel 1733 (Léris).

A ogni modo il Goldoni aveva anche troppi modelli viventi sotto gli occhi a Venezia e in tutta Italia per poter tratteggiare il suo Filiberto, e la commedia ha un’aria quasi veneziana; certo l’autore nostro si divertì a sferzare tante volte nel suo teatro questo tipo di neghittoso ch’è spesso un grand’imbecille: nel Tutore (Ottavio), nei Malcontenti (Policastro), nelle Donne de casa soa (sior Gasparo), nello Spirito di contradizione (Rinaldo), nella Sposa sagace (don Policarpio), fuso spesso con la nota caricatura del marito bonario. Poichè di queste nfloscie figure d’uomini tutto il teatro del Settecento n’è pieno, anche prima del Goldoni, e basta ricordare il Nelli, il Fagiuoli, il Gorini Corio (vol. XII della presente edizione, p. 525).

Filiberto è in questo modestissimo libretto, che si risente della solita improvvisazione e precipitazione del Goldoni nello scrivere i drammi per