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274 ATTO SECONDO
Aurelia. S’ingannò il vostro sguardo, ed anco il mio.

Menghina non è amata
Nè dal re, nè da Erminio. Ell’affettando
Vezzi, grazie e beltà, serve di gioco
A chiunque la mira 1;
Ride ognuno di lei, ma non sospira.
Regina. E ciò vero sarà?
Aurelia.   Ve l’assicuro.
Regina. Temo che v’inganniate.
Aurelia.   Io ve lo giuro.
Regina. Dunque che far degg’io? Sarà irritato
Dal mio furor geloso
L’adorato mio sposo.
Aurelia.   Eh non temete;
Gli sdegni2 de’ mariti
Poco soglion durar. Due parolette,
Due sospiri amorosi,
Fanno tosto placar i più sdegnosi.
  Superbo l’uomo irato
  Sen va di sdegno armato;
  Ma della donna il pianto
  Tutto cangiar lo fa.
  Dirà talor, che sdegna
  La sua nemica indegna;
  Ma poi quando la mira,
  Sospira, e n’ha pietà. (parte

SCENA XVI.

La Regina, poi il Re.

Regina. Volesse il Ciel, che l’idol mio placato

Potessi riveder; ma, oh Dei! sen viene,
E sdegnato mi sembra; io sento il core
Fra la speme agitato e fra il timore.
Re. Sposa, bell’idol mio.

  1. Zatta: A chiunque la rimira.
  2. Ed. Fenzo: I sdegni.