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238 ATTO PRIMO
Mi crucia, mi tormenta;

L’amo, l’adoro, e mai non è contenta.
Erminio. Deh per amor del Cielo, Aurelia cara,
Non mi fate impazzir.
Aurelia.   Bravo, mi piace.
Dunque dovrei con pace
Soffrir senz’aprir bocca?
Son giovinetta, è ver, ma non son sciocca.
  Qualor di fiero ardore
  Sento avvamparmi il core,
  Non so soffrire in pace
  I torti del mio ben.
  È ver, v’amo e v’amai,
  Ma non sperate mai
  Che tollerar io voglia
  La gelosia nel sen. (parte

SCENA III.

Il Re ed Erminio.

Re. Buon per noi, che lontani

Da femmine vezzose,
Le nostre donne non saran gelose.
Erminio. Eh, qui pur vi sarebbe,
Tra le rustiche genti,
Qualche vaga beltà da far portenti
Una, Sire, ve n’è fra l’altre tante
Di soave sembiante,
Sì vaga e spiritosa,
Che la regina potria far gelosa.
Re. E chi è costei?
Erminio.   Menghina,
Moglie d’un certo Bertoldin, ch’è figlio
Del famoso Bertoldo, a voi ben noto: