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regalò addirittura un’arietta del Goldoni, là dove celebra Parigi: “Qui ne voit Paris, ne voit rien au Monde” (atto II, sc. 5, ed. di Firenze). Il personaggio poi di Giorgione deriva dal Pourceaugnac di Molière, come avvertì il Toldo (L’oeuvre de Molière, 1910, p. 433, n. 2). Ma lo stesso Goldoni lesse o udì (forse a Firenze nella primavera del ’48?) la fortunata operetta del Borghesi, che gli suggerì probabilmente il titolo e quindi l’idea prima della Vedova scaltra, rappresentata per prova a Modena, nell’estate del ’48, secondo quello che afferma l’edizione fiorentina del Paperini (t. III, 1753). Si badi che le prime scene della Vedova accorta si svolgono in una “bottega da caffè” che dà sulla piazza (v. già l’Intermezzo goldoniano, 1736: vol. XXVI) ed Ernesto si lagna di aver perduto al giuoco il suo denaro in casa di Pamfìlia: chi non si sovviene di Eugenio e della “biscazza” di Pandolfo nella famosa commedia del 1750, la Bottega del caffè? Questo poi è più convincente: l’arietta di Macacco, introdotta dal Goldoni nell’Intermezzo dei Tre gobbi rivali amanti di Madama Vezzosa per il maestro Ciampi, nel 1756: “Dolce stral del Dio bambino ecc.” (v. vol. XXVI, pp. 435-436) è cantata da Giorgione (atto I, sc. 5) nell’edizione fiorentina della Vedova accorta.
Di tale arietta solo i tre primi versi furono conservati nell’edizione veneziana del 1746, nella quale troviamo parecchi mutamenti: per esempio, cosa rara, fu aggiunta proprio sul principio una scena seria, che finisce con un’aria tolta dall’Ipermestra del Metastasio: “Io non pretendo, o stelle ecc.” Quattro altre arie furono ricavate, senza alcuna licenza, dalla gran miniera del poeta romano. Notevole anche questo, che l’azione non ha più luogo a Firenze, bensì a Padova, e Lisetta, l’astuta vedovella, già serva nel libretto Fiorentino, e qui “governatrice” di Rosaura e Isabella, nel suo travestimento da contadina non parla più il linguaggio dei Mei e dei Ciapi toscani, bensì il dialetto pavano, come già i personaggi del Ruzzante. E inutile aggiungere che la Vedova accorta del Borghesi non è per nulla un capolavoro, ma non è nemmeno fra i libretti più insipidi, e qua e là ci attira, come Madama Ciana (1740), per la satira del costume, precorrendo in certo modo, con i migliori Intermezzi del tempo, la commedia goldoniana.
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Sbarazzato così il terreno dalla Vedova accorta, veniamo alla Scuola moderna. Il Goldoni, parlando nelle sue memorie italiane delle condizioni del teatro in Italia nel 1734, ricorda fra gli scenari dell’Arte che “correvano” allora sulle scene, “alcune Commedie dette di carattere”, come il Conte Pasticcio, la Maestra di scuola, il Paroncino ed altre; “ma i caratteri erano falsi, fuor di natura e sacrificati al grossolano” (vol. I della presente ed., p. 103). Senza dubbio da uno di quegli scenari ebbe origine il seguente libretto per musica:
la | MAESTRA | commedia per musica di | Da rappresentarsi nel Teatro Nuovo sopra Toledo nella Primavera | di questo corrente Anno | 1747. | Dedicata a Sua Eccellenza | la Signora |