Pancrazio. Da questo matrimonio,
In cui felicità non manca alcuna,
Vedrem ripartorita la fortuna.
Contessina. Nobilissimo mio suocero amato,
Ditemi in cortesia,
Come ben vi trattò sì lungo viaggio?
Pancrazio. Io venni a mio bell’agio.
Stavo in una carrozza
In cui v’era il mio letto,
La poltrona, la tavola, il scrittorio1,
La credenza, il cammin, la tavoletta,
E con rispetto ancora la seggetta.
Contessina. Era un bel carrozzone!
Pancrazio. Era tirato,
Sappia, signora mia,
Da sessanta cavalli d’Ungheria.
Contessina. Come fece a passar per tante strade,
Anguste e disastrose?
Pancrazio. Ho fatto delle cose prodigiose.
A forza d’acquavite ho rotto i monti,
Ho fatto far dei ponti;
E gli alberi tagliati, io non v’inganno,
Potrian scaldar cento famiglie un anno.
Contessina. Gran cose in verità!
Pancrazio. Tutto s’ottiene
A forza di denaro.
Io non son uomo avaro:
Per farmi voler ben dalle persone,
Ogn’anno getterò più d’un milione.
Contessina. (Egli è ricco sfondato). Ecco, mirate ’
Il marchesin che arriva.
Pancrazio. Egli d’Europa
È il cavalier più ricco, e non lo passa,
- ↑ Zatta: e scrittojo.