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142 | ATTO SECONDO |
In luogo che si chiama il precipizio,
E ventisei contadi all’orifizio.
Conte. Non voglio sentir altro. Son contento,
Vado a chiamar la contessina: io voglio
Recare ancora a voi
L’onor di rimirar i lumi suoi.
Pancrazio. S’è bella come voi, sarà bellissima,
E se serena in volto
Come voi siete, sarà serenissima.
Conte. Bella, bella non è, ma può passare.
È vezzosa, è galante e sa ben fare.
Ha un certo brio.
Che so ben io...
La vederete,
Vi piacerà.
Ma quando poi
Non piaccia a voi,
Al figlio vostro
Piacer dovrà. (parte
SCENA IX.
Pancrazio, poi la Contessina.
Pancrazio, a noi: la contessina or viene.
Contessina. Riverente m’inchino
All’illustre marchese Cavromano.
Pancrazio. Oh, oh! bacio la mano
Alla mia contessina,
A quella che in briev’ora
La sorte avrà di divenir mia nuora.
Contessina. Sì, mia sorte sarà. Ma vostro figlio,
Sendo meco accoppiato,
Potrà anch’egli chiamarsi fortunato.