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140 ATTO SECONDO
Conte. Oh degno sol1, cui d’umiliarsi or degni

Il conte Baccellon Parabolano;
A voi m’inchino, e datemi la mano.
Pancrazio. Mano degna di stringere uno scettro.
Conte. Dite, marchese mio, come si parla
In Milano di noi?
Pancrazio. Non passa giorno,
Che per quella città
Non si esalti la vostra nobiltà.
Ciascun parla di voi; tutto il paese
Conoscervi sospira,
Ed ogni dama ad obbedirvi aspira.
Conte. Converrà poi, ch’io dia piacere al mondo,
Ch’io mi faccia veder.
Pancrazio.   Son io venuto
Già sapete perchè. Grazie vi rendo
Dell’onor che voi fate al figlio mio.
Se sapeste quant’io
Ho faticato a superar gl’impegni,
Che tenevo in Milano; oh se sapeste2,
Conte, ve lo so dir che stupireste!
Ognun voleva apparentarsi meco.
Il marchese Busecca,
Il duca Cervellato,
Il principe Strachino,
Il cavalier Torrione,
Sino il governator di Mezzo-miglio,
Per genero volean tutti mio figlio.
Conte. E voi sceglieste me? Si vede bene
Nel vostro rubicondo almo sembiante,
Che della nobiltà voi siete amante.
Pancrazio. Amo li pari miei. So che voi siete
Di più titoli adorno.
Io per un anno intero

  1. Nell’ed. Fenzo è stampato con la maiuscola.
  2. Zatta: se il sapeste.