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122 | ATTO PRIMO |
Della bella mia diletta,
Che m’ha colto - la saetta
Del bendato Dio d’amor.
Restai preso in quel momento
Dall’ignoto occulto laccio,
E già sento - se più taccio,
Lacerarmi in seno il cor.
SCENA III.
Cortile del Conte.
La Contessina, Gazzetta e Servi.
Precedetemi entrambi, ed inchinati
Fate spalliera alla padrona vostra.
Dammi braccio, Gazzetta.
Gazzetta. Ai so comandi,
Lustrissima, son pronto.
Contessina. Eh dimmi, dimmi;
Vedesti tu quel cavalier lombardo,
Come fissò nelle mie luci il guardo?
Gazzetta. Se l’ho visto! el pareva
Gatto maimon1 che fa la cazza al sorze.
Contessina. E quel giovin mercante,
Quanto gli occhi fissò nel mio sembiante!
Gazzetta. El stava là, come una barca in secco.
Contessina. Ma vi vuol altro! Un mercantuccio amante
Non è per me; non è per il mio grado
Un cavalier di nobiltà mezzana:
Io nacqui dama, e morirò sovrana.
Gazzetta. Certo, se fusse un re, alla mia patrona
Mi el scettro ghe darave, e la corona.
- ↑ Mammone.