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LUGREZIA ROMANA 105

SCENA IV.

Maimut e detti.

Maimut. Che far? Albumazar, no aver coraggio

Di batter con Rumagno?
Ti svergognar cussì nostra nazion?
Lassar che batter mi, porco1, poltron.
Albumazar. Oh degnissimo eroe,
Vieni ch’io mi contento;
A te lascio l’onor del gran cimento. (parte

SCENA V.

Collatino e Maimut.

Collatino. Dunque, se sei cotanto

Zelante dell’onor, la spada impugna,
E proseguisca fra di noi la pugna.
Maimut. Al primo colpo mi te taggiar testa, (impugna la sciabla
Collatino. Adagio, signor Turco;
Quel diavolo di sciabla
Tropp’è sproporzionata alla mia spada.
Combattere vogl’io con arma eguale.
Maimut. Mi spata non aver.
Collatino.   Pigliati questa,
Ch’io con sommo coraggio,
St’altra mi piglierò spada da viaggio.
(prende la spada dal tavolino
Maimut. Vegnir come bolir,
Mi non aver paura.
Collatino. Difenditi se puoi, brutta figura. (si battono
Facciamo un po’ di tregua.
Maimut. No, no, voler fenir.
O ti, o mi, à da morir.

  1. Qui significa vile: v. Patriarchi e Boario. Vol. XXVI, p. 245.