Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
104 | ATTO TERZO |
(D’un Romano il valor mi fa spavento).
Collatino. Mia diletta Lugrezia,
Vanne, che salva sei.
Lugrezia. Vi ringrazio di core, amici Dei.
Ora fremi, superbo,
Ch’io qual nocchier, giunto sicuro al lido,
Delle tempeste tue mi burlo e rido.
Sta il cacciatore
Il cucco insidiando,
Ed egli burlando
Gli dice cu cu.
Così nell’insidie
Che a me tenderai,
Deluso sarai,
Fellone, ancor tu. (parte
SCENA III.
Albumazar e Collatino.
Della pessima azione.
Soddisfazion dal sangue tuo pretendo.
Albumazar. Che dici, Collatino? Io non t’indendo.
Collatino. Dico, che con la spada
Vendicarmi vogl’io di quell’affronto,
Che tu facesti di Lugrezia al seno.
Albumazar. (Oh, se venisser le mie guardie almeno!)
Collatino. Albumazar, che tardi?
Albumazar. Vivi, vivi, meschin, che il Ciel ti guardi.
Collatino. No, no, resta, ch’io voglio
Battermi teco.
Albumazar. Oh forsennato orgoglio!