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rappresenti anch’essa un semplice tentativo con cui il futuro commediografo inizia modestamente la sua gloriosa opera sui teatri pubblici italiani. Venezia riempie sola le ridenti visioni di quest’arte giovinetta (su questa primissima traccia d’ambiente e di carattere veneziano nel Gondoliere insiste a lungo la signora Marchini-Capasso, nel libro su Goldoni e la commedia dell’arte, Napoli, 1912, pp. 57-59 e 160-164). Buleghin è il " barcariol venezian” buono ma debole, che vuol bene alla sua Bettina ma non sa resistere alla tentazione del giuoco ("Sento el ziogo che me chiama - E Bettina che me brama”) ed è anche un tantino bulo, "Ma col sente un po’ de zente - El ze el primo a tacchizar”: tuttavia non riesce odioso, perchè, a modo suo, ama sinceramente la Bettina ("Bettina lassarte ecc.”), impetuoso nei suoi pentimenti e ingenuamente buffonesco ("Ferma, Bettina cara, no andar via - O del mio cuor fazzo una beccaria” "Perdóneme, mio cuor, anca sta volta, - E se de castigarme ti ha piaser, - Per castigo deventa mia muggier”). E la buona "putta de campiello”, che ha già il nome e l’anima d’un’altra più famosa Bettina, sorride e perdona perchè crede nei miracoli del cuore (Ortolani, Settecento ecc., Venezia, 1905, p. 420). Anche il Maddalena vede "in embrione” negli Sdegni amorosi quel "poema d’amore e di sacrificio” che formano, come dice il Masi, la Putta onorata e la Buona moglie; e il motivo principale, cioè "il conflitto fra la passione del giuoco e l’amore” ritrova nella commedia del Qiuocatore (Giuoco e giocatori nel Teatro di Goldoni, Vienna, 1898, p. 35). Ricorda pure a proposito una canzonetta caratteristica del Settecento veneziano, stampata dal Malamani, con titolo moderno: La medicina del ziogador (v. La Musa popolare, Torino, 1892, p. 75). A Giulio Caprin la Bettina fa rammentare anche la Checchina dei Pettegolezzi delle donne (C. Goldoni, Milano, 1907, p. 102). Osserva poi la Marchini-Capasso come il Goldoni ripeterà spesso il motivo dell’amore costante della donna che ingannata e consapevole, conserva pure il suo amore ecc.” (1. c., p. 164). Bene poi avverte nel suo Goldoni il Chatfield-Taylor che l’amore di Buleghin e Bettina "non ha nulla che fare con l’artificiosa sentimentalità della commedia francese d’allora. Anche il linguaggio, benchè la piccola composizione sia in versi, è quello delle calli, e si può ben dire che in questo scherzo si sente chiara, se anche debole, la prima nota del realismo drammatico goldoniano" (dalla vers. italiana, Bari, 1927, p. 25). L’"elemento popolaresco” non sfugge nemmeno a Mario Penna, il quale nota qualche spunto felice in questo modestissimo intermezzo (Il noviziato di Goldoni, Torino, 1925, pp. 49-50).

A chi studia il futuro commediografo, non è inutile uno sguardo al Gondoliere, dove sono accennati, in una specie d’abbozzo giovanile, elementi d’arte che diventeranno vere creazioni nell’età matura; così quante volte non ritroveremo la gelosia di Bettina? ("So che in tutti i cantoni - Volè far da galante ecc.”). Specialmente nella scena seconda il dialetto ha già più d’una volta il colorito e la gaiezza della commedia goldoniana. Ed è già goldoniano il cuore di questi due umili personaggi; ma una farsetta di quattro brevi scene col solito travestimento, ch’era di legge negli intermezzi, non può reggere a una minuta analisi, come dimostrò di recente Andrea Della Corte (v. il bel libro su L’opera comica italiana nel ’700, Bari, 1923, voi. I,